Counselor e Coach: analogie e differenze (Franca Errani)

da | Nov 10, 2012 | Blog | 0 commenti

Il Counseling e il Coaching hanno ormai affermato la loro utilità nel mondo del rinnovamento personale e professionale. Le competenze che ognuno dei due approcci richiede sono fondamentalmente simili, anche se si differenziano nei campi per i campi di applicazione e le tecniche utilizzate.

Qui di seguito, alcuni elementi di riflessione, partendo dalle analogie e esaminando poi le differenze.

 

Le analogie dei due modelli

Premettendo che NON sono modelli terapeutici, entrambi sono metodi di sostegno e sviluppo dell’essere umano: partono cioè dalla persona e dalle sue risorse interiori, come base per migliorare la realtà presente, in un’ottica di recupero ed espansione delle potenzialità individuali. Entrambi quindi condividono una visione ottimistica della natura umana, delle capacità dell’individuo di superare gli ostacoli che lo hanno frenato, di recuperare talenti che aveva “sepolto”, di correggere schemi di comportamento e di pensiero che sono autolimitanti. Il cliente, per entrambi, è il vero protagonista dell’incontro: la interazione è sinergica, per certi versi paritaria – anche se ovviamente il timone della conduzione del colloquio resta nelle mani del counselor o del coach. La “centratura” sul cliente rende entrambi i metodi molto adatti ad  essere svolti in una relazione uno-a-uno, dove cioè il professionista segue un singolo cliente. Sono però frequenti anche interventi in contesti di gruppo, su tematiche specifiche.

Entrambi i metodi aiutano a sviluppare competenze trasversali, che la persona potrà utilizzare nell’ambito della propria vita personale o professionale.

Sia il Counselor che il Coach sono legati a un “contratto” che stabilisce gli obiettivi che si vogliono raggiungere e che vengono “monitorati” lungo il percorso, che tende ad essere relativamente breve (attorno alle 10 sedute per un percorso individuale, anche se il numero può variare in relazione agli obiettivi che si vogliono raggiungere).

Le differenze dei due modelli

Il Counseling si colloca tra le relazioni di aiuto e ha lo scopo di aiutare la persona a individuare nuove possibilità rispetto a disagi emotivi, situazioni complesse, relazioni in crisi, momenti di crescita e di cambiamento, scelte da compiere. Si usa dire che il Counseling è “l’arte di aiutare ad aiutarsi”; infatti aiuta la persona a scoprire la propria rappresentazione del mondo, a comprenderne la natura e le origini, e a modificarla laddove sia problematica e fonte di “ristrettezza” interiore. La rinnovata energia che emana da questo confronto mette la persona stessa in grado di trovare risposte nuove e diverse ai problemi che la stavano ostacolando.

Il Coaching  aiuta a sviluppare caratteristiche e competenze personali, liberando potenzialità legate principalmente – ma non solo – all’ambito professionale, come ad esempio la capacità comunicativa, il lavoro in un team o la sua conduzione, la capacità di leadership, il miglioramento della propria efficacia in termini di governabilità del tempo e di riduzione dello stress. La capacità di trasformare in modo positivo questi fattori è cruciale per una performance professionale eccellente. Il Coaching quindi si focalizza maggiormente sulle azioni, gli obiettivi, il rendimento, le soluzioni, le strategie,  i risultati.

Il Counselor e il Coach, ricevono volutamente, nella nostra Scuola, una preparazione di base analoga in modo che siano in grado di tarare di volta in volta il loro intervento, a seconda delle diverse esigenze del cliente.

Se ad esempio arriva come cliente una  persona che sta attraversando un momento di difficoltà che mette alla prova il suo modo di scegliere, sentire e percepire, che si sta confrontando con un disagio emotivo o relazionale, l’attività sarà principalmente di Counseling. Altri esempi dove l’approccio è tipicamente di Counseling sono l’attraversamento di una “fase di passaggio” che richiede riflessione e trasformazione (una separazione; un lutto famigliare; la nascita di un figlio; un avanzamento di carriera; l’andare in pensione…), oppure il bisogno di una maggiore autorealizzazione. Quando si lavora come Counselor si pone l’attenzione su come aiutare il cliente a comprendere e governare meglio i propri processi interiori, con particolare attenzione alla sfera emotiva, sentimentale, relazionale e famigliare.

Se invece arriva una richiesta una persona che si rende conto di ottenere risultati inferiori a quelle che sente essere le sue potenzialità e i suoi talenti, che vive ormai con frustrazione questi limiti ed è alla ricerca di modalità efficaci per il cambiamento… allora il focus dell’operatore sarà nella direzione del Coaching. L’approccio di Coaching è indicato anche alla persona che ha già ottenuto risultati validi e importanti, ma viene con il desiderio di alzare il livello della propria professionalità, acquisendo nuovi concetti, facendo nuove esperienze potenzianti, diventando più cosciente di come gestire con equilibrio la pressione professionale all’interno di una vita impegnata, realizzando nuovi traguardi.

Possiamo in modo approssimativo legare i due tipi di interventi a una modalità più ricettiva, empatica, relazionale, legata all’ascolto la prima, e più proattiva, cognitiva e di mentoring, la seconda. In realtà spesso i due confini sfumano, ed è bene conoscerli entrambi e utilizzare le diverse tecniche nei diversi momenti e a seconda delle diverse tematiche che lo stesso cliente può portare in tempi successivi. Sottolineo qui come il professionista formato a entrambi i modelli possa “tarare” di volta in volta il suo intervento, usando la sua sensibilità oltre che le sue competenze.

Teresa inizia un percorso personale per una tipica difficoltà emotiva: le relazioni. Persona intelligente e sensibile, si è resa conto di cadere spesso negli stessi automatismi: tende a dare troppo, a volte a invadere – con tutte le buone intenzioni – il campo dell’altro, a sentirsi facilmente ferita quando le persone non rispondono favorevolmente alle sue iniziative.

Il lavoro che svolgiamo assieme è tipicamente di counseling indirizzo Voice Dialogue: scoprire assieme quali sono le regole che ha assorbito, e quindi gli Aspetti dominanti che la fanno muovere secondo questi schemi, che lei stessa sente ormai logorati. Imparare a sentire, accogliere e proteggere l’antica vulnerabilità che vibra al di sotto – quella di lei, brava bambina, che deve fin da piccola accudire i due fratellini minori, mentre la famiglia è molto presa dal lavoro…

Il ciclo di sedute aiuta Teresa ad accorgersi che usa sempre un campo energetico molto “personale”, a saper utilizzare anche l’energia impersonale (finora sconosciuta o quasi!) e a modulare la sua intensità emotiva nei rapporti. Le sue relazioni si alleggeriscono, la vita migliora…

Dopo qualche tempo Teresa ritorna: ha appena accettato una grossa sfida: acquisire la quota societaria del fratello nella piccola azienda di famiglia. Ora sono lei e la sorella, vicina di età, a gestire l’attività, che si sta espandendo e richiede personale e nuovi modi di interazione. Una classica situazione di “crescita” aziendale che vede la proprietà (Teresa e la sorella) in difficoltà rispetto all’innovazione. Occorre imparare a gestire meglio il proprio tempo, a coinvolgere i collaboratori, a creare un clima di entusiasmo e visione… Ecco che il lavoro si sposta sul fronte del coaching…. Il lavoro sul quadrante del tempo aiuta Teresa a vedere ancora meglio certi schemi automatici (che finora, in una gestione famigliare, avevano avuto poco impatto, ma che ora rischiano di essere troppo  penalizzanti), a saper lavorare per obiettivi dichiarati e condivisi, a gestire le riunioni…

Lo stile di conduzione dei colloqui con Teresa cambia, ovviamente: ed è un cambiamento naturale, che passa da dimensioni più intime ad altre più attive, in un flusso che va dall’accoglienza all’insegnamento, dal porre domande al tarare “esperimenti” insieme.

 

Conclusioni

La possibilità di spaziare dalle tecniche di Counseling a quelle di Coaching, nel colloquio individuale, richiede una chiarezza profonda e sperimentata degli aspetti comuni e delle differenze tra i due approcci. La sensibilità, ovviamente, si affina con l’esperienza, ma la riflessione costante aiuta a tarare sempre meglio il proprio intervento, per il migliore risultato pratico per il cliente.

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