I Genitori… (F. Errani e Giovanni Civita)

da | Dic 11, 2013 | Blog | 0 commenti

“Il mito di Edipo ha affascinato la psicologia del profondo… ma vi è un altro mito che è stato meno  ricordato: quello di Enea, che fugge da Troia in fiamme portando sulle spalle il vecchio padre Anchise… Nella nostra società il complesso di Edipo,…come dottrina di rivalità mortale accompagnato da un’ altrettanto mortale paura dei genitori, viene usato unilateralmente per spiegare solo il comportamento dei figli…

Questa spiegazione liberava dai legami, ma allo stesso tempo creava tante persone erranti, a volte in altitudini solitarie ma spesso in solitaria depressione. Il ritorno alle origini della propria esistenza, il tentativo di far scorrere di nuovo l’acqua stagnante, il riconoscere i diritti sia del passato che del presente, può corrispondere al bisogno di lealtà, che spesso lavora come movente invisibile all’interno di ogni essere umano… E’, questo, un modo per rendere giustizia alle proprie radici”.                      (Jan van Kilsdonk)

Ci piace iniziare questo articolo con la citazione di Van Kilsdonk[1] che rispecchia anche  la prospettiva della Psicologia dei sé e del Voice Dialogue e: se vogliamo essere liberi di essere chi siamo, di ricercare la nostra espressione più sincera, dobbiamo recuperare le nostre radici, reclamare l’essenza di noi stessi nel luogo e nel tempo e nelle persone in cui queste radici si sono incarnate. I genitori sono stati i nostri primi modelli: nel bene e nel male ci siamo plasmati e modellati in adesione o in ribellione ai loro valori oppure, più spesso, in un conflitto che oscilla tra adesione e ribellione.

Per la Psicologia dei sé, che è alla base del Voice Dialogue, ognuno di noi nasce con una precisa e unica “impronta psichica”, ma questa nostra unicità è destinata ad incontrarsi -scontrarsi con il contesto, con la realtà esterna che accompagna la nostra crescita. I genitori e le figure di riferimento (parenti, insegnanti, ecc) si prendono cura, danno amore e protezione, ma insieme trasmettono i loro valori, anche quello che di distorto appartiene alla loro personalità, al loro vissuto di esseri umani a loro volta in viaggio.

Il processo interattivo tra bambino, famiglia e contesto sociale porta inevitabilmente a sviluppare alcuni aspetti (per es. quelli apprezzati o condivisi) e a mettere da parte, a “rinnegare” altri(per es. quelli puniti o non apprezzati). In questo modo si forma a poco a poco il nostro caleidoscopio interiore, una psiche “plurale”, a dispetto del nostro desiderio-illusione di percepire il nostro io come un’unità monolitica. “Nessun io, nemmeno il più ingenuo è un’unità, bensì un mondo molto vario, un piccolo cielo stellato, un caos di forme, di gradi e situazioni, di eredità e possibilità. Che ciascuno tenda a prendere questo caos per un’unità e parli del suo io come fosse un fenomeno semplice, ben fissato e delimitato: questa illusione ovvia ad ogni uomo (anche al più elevato) sembra una necessità, un’esigenza di vita come il respiro e il nutrimento….” (Herman Hesse, Il Lupo della steppa).

Il Voice Dialogue di Hal e Sidra Stone definisce “sé primari” gli aspetti psichici che si attivano per proteggere il bambino e la sua vulnerabilità – dove con questo termine si intende la profonda sensibilità, la capacità di percepire ed esprimere tutta la gamma emotiva, nella sua vastità d’origine. Il percorso di crescita è dunque, inevitabilmente, un processo che porta con sé anche la sensazione interiore di un ridimensionamento, l’oscillazione tra potere e vulnerabilità, l’adesione ai o il rifiuto dei modelli di riferimento. Per quanto presenti, amorevoli e premurosi possano essere i genitori reali non potranno mai essere all’altezza del bisogno infinito di amore che un bambino porta nell’animo – un desiderio, uno struggimento, una nostalgia di infinito che non possono non essere ridimensionati e feriti dalla realtà limitata di ogni creatura umana.

Naturalmente vi sono situazioni in cui il genitore è stato realmente assente, abusivo, violento: in questi casi il processo di recupero della propria integrità può essere più lungo e avere bisogno di un percorso psicoterapeutico che lavori sulla ristrutturazione profonda della personalità. Al di là di questi casi, purtroppo non rari, la “ferita” infantile fa parte dello sviluppo di ogni essere umano e non è solo un elemento negativo: è anche lo stimolo per la trasformazione, la capacità di superare gli ostacoli e le difficoltà che la vita ci pone davanti.

Molte difficoltà le incontriamo soprattutto nelle relazioni, perché  le dinamiche che abbiamo sviluppato con le figure che hanno accompagnato la nostra crescita, sono in qualche modo la matrice automatica sulla quale tendiamo a ricreare i nostri rapporti – fino a che non ci rendiamo conto dei nostri meccanismi più usuali e ci prendiamo il tempo per dipanare la matassa più o meno aggrovigliata delle origini e riscoprire chi siamo veramente e chi eravamo destinati ad essere.

Per fortuna il richiamo all’importanza delle origini della nostra esistenza ha finito per mettere da parte le rigidità di alcune visioni psicologiche, che tendevano a creare nel paziente/cliente la sensazione di essere vittima di un passato elaborabile solo a prezzo di anni e anni di terapia. Oggi esistono modelli più elastici ed efficaci, che con percorsi più brevi e mirati aiutano a riappropriarsi delle proprie radici e a scoprire le proprie potenzialità, con un lavoro individuale e/o di gruppo, in una visione olistica dell’essere umano e della realtà.

Maggio 2006


[1]  Van den Eerenbeemt-Van Heusden, La terapia contestuale, Armando, 2003, pp. 12-13.

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