Transfert, controtransfert e Dinamica dei sé (Franca Errani)

da | Set 29, 2012 | Blog | 0 commenti

Questo articolo (e il successivo) è rivolto ai counselor, terapisti, psicoterapeuti e professionisti che utilizzano la Dinamica dei sé e il Voice Dialogue nell’ambito delle sedute o della loro attività. Alcuni concetti di base sono quindi dati per noti (sistema primario e rinnegato, sviluppo dell’io cosciente, i tre livelli della consapevolezza, applicazione delle dinamiche di vincolo).

Definizione tecnica

Il Transfert (T) è la interazione totale tra il cliente e il Terapeuta dal punto di vista del cliente: trasferire la proiezione di schemi di relazioni e di contenuti inconsci sul Terapeuta.

Il Controtransfert (CT) è la interazione totale tra il cliente e il Terapeuta dal punto di vista del Terapeuta: trasferire la proiezione dei suoi schemi di relazione e dei suoi contenuti inconsci sul cliente.

Entrambi sono presenti sempre in qualsiasi relazione di aiuto o terapeutica. In genere il CT è meno conscio, meno compreso e più giudicato del T. Una strana idea circola nel mondo psicologico: come se la comprensione di questi meccanismi rendesse possibile l’annullamento del CT. Ecco perché fa paura a molti: perché si finisce per credere che non dovrebbe esistere! In realtà il CT è un fenomeno assolutamente naturale che va passo a passo con il T. Infatti è impossibile separarli, come vedremo meglio spiegando le dinamiche di vincolo.

In realtà il CT fornisce una miniera di informazioni su come stiamo facendo Counseling o terapia, informazioni che possono essere usate per la nostra crescita personale e professionale.

 

Dinamiche di Vincolo

Una sintesi delle Dinamiche di Vincolo (DV) è indispensabile, perché il Transfert e il Controtransfert si possono comprendere in modo molto più profondo attraverso di esse, ovvero: se comprendi le DV capisci anche T e CT. La parola “dinamica” evidenzia l’aspetto dinamico di questa interazione, dove il “gioco dei ruoli” si avvicenda spesso con grande rapidità, senza che le persone ne siano consapevoli; la parola “vincolo” sottolinea l’aspetto di “legame” che si crea tra determinati aspetti genitoriali e determinati aspetti infantili, che sono in qualche modo “obbligati”.

Le DV nascono assieme a noi, rappresentano l’interazione primaria che sperimentiamo nascendo. Se il bambino non si connette al genitore, non può ricevere nutrimento e amore; quindi la DV riflette il modo naturale, istintivo, inscritto nel nostro sistema psichico, con cui si dà e si riceve “nutrimento” affettivo. In un certo senso, la DV protegge la specie, perché “vincola”, appunto il genitore al figlio e viceversa, creando una connessione che poi, con lievi differenze, portiamo avanti per tutta la vita.

Anche da adulti ci leghiamo alle persone attraverso questi schemi che riprendono e ripetono il legame genitore-figlio (bambino); questo indipendentemente dall’essere realmente genitori e figli dal punto di vista biologico: cioè le DV si attuano in modo naturale tra amici, colleghi, partner, famigliari. Questi movimenti sono assolutamente naturali, come la respirazione. Non possiamo avere un controllo totale sulla nostra respirazione, anche se possiamo imparare a respirare meglio, più profondamente, con più attenzione. Questo concetto è fondamentale, altrimenti si corre il rischio di colpevolizzarsi quando ci accade di vivere una DV, una volta che ne abbiamo appreso i meccanismi e alcune Parti di noi (il Conoscitore, il Critico, il Perfezionista) si illudono che possiamo uscirne definitivamente!

Le DV vengono definite “positive” e “negative”: non si tratta di un giudizio di valore, nel senso che una DV positiva non è necessariamente “buona” per le due persone coinvolte, così come non è necessariamente “cattiva” una DV negativa. Queste parole vengono usate solo per definire i sentimenti e le emozioni che in genere le accompagnano: quando una DV è positiva, ci sentiamo bene, accolti, protetti. In qualche modo, ha una sua prevedibilità che ci rassicura, è stabile. Così come ci sentiamo malissimo, letteralmente cacciati dal Paradiso, quando la DV si trasforma in negativa.

Le DV appartengono alla vita, e quindi anche a qualsiasi tipo di relazione di aiuto e/o terapeutica. Ogni partecipante alla relazione interagisce sia dal suo Aspetto genitore che dal suo Aspetto Bambino e questo, praticamente, in contemporanea. Questo è un concetto importante da comprendere: non è che una Parte faccia “accadere” l’altra: avvengono simultaneamente, sono un intreccio sistemico.

Quando avvengono all’interno di una relazione di aiuto, le DV sono il Transfert e il Controtransfert (T, CT). L’unica differenza quindi è che per queste ultime il terapista/counselor/consulente… è pagato!

Vediamo alcuni aspetti tipici con cui si può caratterizzare una relazione di DV positiva nell’ambito della relazione di aiuto (tenendo presente che i termini Figlio- Bambino sono interscambiabili):

 

Il Counselor – Il Cliente

Genitore Buono – Bravo Bambino, Bambino Bisognoso, Figlio viziato

Genitore Responsabile – Bambino dipendente, rassicurato, compiacente

Genitore Nutritivo – Figlio accudito

Genitore Competente – Bambino incompetente, affascinato, bravo allievo…

Genitore Che Sa – Bambino inadeguato, che non sa, curioso, affascinato…

Genitore apprezzante – Figlio grato

 

Ovviamente quando una persona si rivolge a un Counselor o a qualsiasi altra figura professionale nell’ambito della relazione di aiuto significa che ha bisogno: si sente destabilizzato o a disagio per qualche situazione difficile nella sua vita. E’ quindi evidente che una DV positiva all’inizio può aiutare a creare un certo affido, a dare la sensazione del nutrimento, la fiducia nelle proprie possibilità; ma se la relazione viene vissuta solo da questa parte, non tarderanno a crearsi dei problemi. Quindi la possiamo vedere come una pulsazione, un battito che in certi momenti accompagna la relazione, ma non sempre. Il punto infatti è: quando deve esserci? Ne siamo coscienti? Quando interferisce?

La DV, abbiamo detto, contempla in contemporanea la interazione degli aspetti genitoriali e degli aspetti bambini di entrambi i protagonisti. Spesso però le riflessioni terapeutiche non dedicano adeguata attenzione all’altro “ramo” della dinamica, ovvero a come la parte Bambina del Counselor / Terapeuta si connette alla parte Genitoriale del cliente. Come usa dire scherzando Hal Stone, non vediamo “l’elefante che è nel nostro studio”. E questo elefante è la vulnerabilità legata alle parti bambine. Vedere questo secondo ramo vuol dire vedere, come Counselor, le nostre parti che vogliono essere apprezzate, che hanno bisogno di sicurezza economica, quelle dipendenti o bisognose o sole.

 

Esempio: Marisa si è trasferita da qualche mese in un’altra città, dopo il divorzio dal marito. Ha scelto questa città perché ha dei contatti professionali e quindi può riprendere la sua attività di counseling con maggiore facilità. Cosa che infatti avviene: nel giro di pochi mesi ha già numerosi clienti. La sua sicurezza economica, finora, è stato l’obiettivo che si è data; non ha cercato di creare amicizie, sia perché ancora profondamente ferita dal divorzio e quindi bisognosa di solitudine (Marisa è di natura introversa) sia per la priorità della professione. Quello che accade, però, è che lentamente ha iniziato a “debordare” nella gestione del tempo con i clienti: con molti di essi le sedute, anziché durare un’ora, durano un’ora e un quarto, e poi un’ora e mezza… la cosa è avvenuta automaticamente, in modo quasi inconsapevole… o meglio Marisa si dice che le piace dare maggior agio a certi temi, che il lavoro è più “rotondo”… tuttavia non si fa pagare in proporzione: praticamente le sedute hanno lo stesso prezzo anche se il tempo dedicato è molto maggiore. Inoltre questa situazione non si è creata attraverso un accordo esplicito, ed è comprensibile che lei si senta a disagio all’idea di chiedere un aumento. Potremmo dire che la Madre Nutritiva, Generosa di Marisa ha preso in mano le sue sedute di Counseling! Ogni madre ha.. i figli che si merita e la parte Bambina dei clienti di Marisa è ben felice di farsi coccolare da questa accoglienza senza confini! Ma, a livello più profondo, cosa sta accadendo? In quali modi la parte genitoriale dei clienti di Marisa si sta legando alla parte Bambina di lei? In Marisa vive una Bambina sola, che è stata messa da parte: Marisa non conosce nessuno, non esce, è tutta presa a farsi conoscere per la professione, a studiare, a creare un ambiente di lavoro accogliente… Ecco che la sua Bambina abbandonata si lega ai Genitori affettuosi dei clienti!

Vediamo alcuni esempi di come le parti bambine del Counselor possono legarsi agli Aspetti genitoriali del cliente:

Il Counselor – Il Cliente

Bambino apprezzato – Genitore apprezzante

Bambino rassicurato – Genitore puntuale nei pagamenti!

Bambino solo – Genitore affettuoso (Come nel caso di Marisa)

In sintesi, la parte Bambina del Counselor può diventare dipendente dalla stabilità della DV positiva e ciò farà sì che sia sempre più difficile percepire, sentire, esprimere gli aspetti negativi della relazione. Non è detto che le due persone non sentano disagio; ma si tratta di “lampi” di consapevolezza, sensazioni di irritazione che vengono subito soffocate. Spesso poi non la si vede neppure.

 

La DV positiva, nella relazione terapeutica (ovvero nel T e CT) crea queste conseguenze:

1)Non è possibile esprimere la negatività. Questo non voler o potere comunicare può essere sia del Counselor che del cliente. Per il cliente è ancora più difficile: infatti per lui/lei spesso si tratta di una situazione pericolosa, forse non tanto nella realtà, quanto nelle fantasie che si legano a quando, bambino, avrebbe voluto reagire in famiglia ma la cosa non era permessa

2)Nel tuo ruolo di Counselor / Terapista, non percepisci la tua vulnerabilità: ti senti forte, affidabile, espansivo, competente, provi sentimenti di accoglienza e di protezione. Naturalmente tutto questo è vero, da parte dei sé genitoriali che conducono il gioco; inoltre ti danno fiducia in te stesso. Nel tuo ruolo di Counselor / Terapista, finisci per restare circoscritto a un gruppo di Aspetti sempre più limitato, che definiscono chi sei nel mondo professionale (e contribuiscono, inoltre, a creare la tua “immagine sociale”). Ricorda: ogni sé primario in cui si è bloccati diventa una prigione. La conseguenza è che anche il cliente ora si blocca! Alcuni esempi classici: se ti cristallizzi nel Conoscitore Psicologico, starai bloccando il cliente in colui che non sa. Se sei troppo disponibile, starai fissando il cliente nel ruolo di colui che può disturbarti a qualsiasi ora – è come se tu lo “educassi” ad essere un bambino bisognoso. Se poi ti identifichi con il Genitore onnipotente cui tutto è permesso, e le eventuali osservazioni, critiche o disagi del tuo allievo o del tuo gruppo non ti toccano… prosegui nella lettura e troverai il paragrafo sulle dinamiche di vincolo “insegnante-guru/allievo-discepolo”.

3)La vitalità della relazione di aiuto sparisce. Vi è sempre meno materiale significativo di cui parlare . I colloqui diventano prevedibili, non si percepisce movimento di crescita, cambiamento, evoluzione. Un segnale che può avvertirci di questo fenomeno è il fatto che, come terapisti, ci sentiamo annoiati, un po’ stanchi. E’ come se il succo del lavoro fosse sparito.

 

Esempio: Clara ha iniziato a tenere consulenze di counseling da circa due anni. Il suo sistema primario è formato, principalmente, da aspetti autonomi, indipendenti, poco inclini a mostrare la vulnerabilità e tanto meno il bisogno. E’ anche abbastanza razionale, anche se non le dispiacciono “escursioni” in aree più fantasiose o spirituali, che tuttavia vive con un certo distacco (la parte razionale interviene subito a insinuarle dubbi e battute di spirito su quello che vive durante le esperienze più intuitive). Da un po’ di tempo si è resa conto che da lei vanno praticamente solo persone altrettanto forti e indipendenti, e che le è difficile far fare loro lo “scatto” che permetta di abbracciare veramente anche le parti più sensibili. Quando infatti il colloquio potrebbe andare in quella direzione, Clara stessa si rende conto che preferisce rimanere nell’ambito sicuro degli Aspetti che conosce meglio. E’ a quel punto che la relazione di aiuto entra in stallo… Per fortuna Clara ha acquisito abbastanza sensibilità da rendersi conto che lei, la vulnerabilità, “la sta solo concettualizzando”, quindi ne può parlare, con i clienti, ma non permettere loro la vera esperienza che permetterebbe un cambiamento.

 

Dalla DV positiva a quella negativa

In termini psicoterapeutici, sappiamo che esiste anche il Transfert negativo, che è esattamente la stessa cosa della DV negativa. Cosa succede? Come accade che si possa passare dalla piacevolezza, dalla stabilità e sensazione di protezione e amorevolezza, al disagio profondo, al conflitto o all’abbandono della DV negativa? La chiave, abbiamo visto, è la vulnerabilità ignorata; nella lista di quello che accade nelle DV positive abbiamo già, in nuce, gli elementi che porteranno a quella negativa.

Nel campo della relazione di Counseling, può essere ad esempio che tu: ti carichi di troppe sedute alla settimana; inserisci all’ultimo minuto un colloquio anche nel giorno che avevi destinato libero; mangi frettolosamente perché ti riservi una pausa troppo breve; non ti prendi sufficientemente cura dei tuoi spazi privati, delle tue amicizie, dei tuoi bisogni di solitudine o dei tuoi hobbies…

Ancora, puoi ignorare i tuoi sentimenti; ad esempio le sensazioni di disagio che un cliente ti genera, una frase che ti ha ferito, un pagamento troppo ritardato eccetera. Si rinnega così la propria reattività.

Una cosa bella è che si può imparare a separarsi dalla DV positiva senza necessariamente passare in quella negativa! Se si impara ad ascoltare i segnali, è possibile creare consapevolezza e districarsi senza dover far necessariamente scattare un gravoso conflitto.

 

Esempio.

Sono le 21 passate da poco. Elisabetta riceve a casa una telefonata da una sua cliente. Elisabetta ama molto questa donna, la apprezza, la sta sostenendo a uscire da una situazione relazionale pesante. Dalla sua parte amorevole e accogliente, Elisabetta resta al telefono per quasi un’ora, lasciando che la donna si sfoghi… naturalmente la donna è molto apprezzante e grata, e fa sentire Elisabetta utile e importante, intelligente e generosa. La telefonata finisce alle 22. Nel frattempo Andrea, il marito di E., si è rabbuiato – lei lo percepisce subito da come legge ostinatamente il giornale. Ora Elisabetta si guarda attorno e si rende conto che avrebbe voluto sistemare i piatti, caricare la lavastoviglie e la lavatrice, vedere uno spettacolo in TV che ormai è finito… Alla madre generosa subentra ora la parte giudicante: che egoista è la sua cliente! Non ha nessun riguardo verso gli altri! E’ una tipica narcisista! (Le diagnosi patologizzanti aiutano molto in questi momenti). E Andrea… anche lui, non avrebbe potuto caricare la lavastoviglie, almeno?? Anche lui è un egoista, pensa solo a sé! Eccolo, un altro narcisista in famiglia…

 

Quando ignoriamo i nostri sentimenti o quando questi vengono feriti, abbiamo tutti delle “strategie di protezione”: ci sono persone che attaccano l’altro in modo veemente, altre che invece si ritirano e non dicono una parola – a volte anche per giorni interi. E’ come se le due persone si limitassero a richiudersi all’interno di 2-3 Aspetti dominanti, aspetti di potere che giudicano e puniscono la parte bambina dell’altro.

Cosa è accaduto a Elisabetta? Si è “ristretta” all’interno di una madre giudicante e silenziosa, e da lì le pare di avere attorno solo persone egoiste e disattente. Poiché è l’egoismo che lei giudica, è chiaro che prima era “persa” nel suo aspetto madre generosa, che dà e che nutre senza limiti.

Conoscere “chi” diventiamo (sia nelle DV positive che in quelle negative) è molto importante. Elenchiamo qui sotto alcuni dei possibili Aspetti tipici delle DV negative; entrambi gli Aspetti possono valere sia per il Counselor che per il cliente.

 

Genitore giudicante – Bravo spaventato, inadeguato, colpevole, ribelle

Genitore ritirato – Bambino abbandonato, bisognoso

Genitore punitivo – Bambino ferito

Genitore oblativo – Bambino insaziabile

Genitore rimproverante – Bambino colpevole, figlio goffo e maldestro

Genitore manipolativo – Bambino tradito

Genitore esigente – Bambino costantemente inadeguato; Figlio ribelle

Genitore direttivo – Figlio sottomesso

Genitore “muro di gomma” – Figlio frustrato

 

La destabilizzazione

Vorrei sottolineare qui, ancora una volta, che tutti questi movimenti psichici non hanno nulla di patologico: la vita è movimento, la vita è incontro e scontro e crescita, quindi è normale essere destabilizzati, è normale passare dalla DV positiva a quella negativa… L’importante è usare questi momenti, questi segnali per capire cosa è successo e cosa si può fare.

Come posso essere destabilizzato? Un caso è quando l’io consapevole non riesce a funzionare per qualsiasi ragione: ad esempio sei troppo stanco, hai dormito poco, vi sono stati eventi stressanti… Nel linguaggio della Dinamica dei sé, la destabilizzazione segnala: a) che eri troppo identificato con un Aspetto (vedi l’esempio di Elisabetta); b) la perdita del processo dell’io consapevole in relazione al tema emerso; allora ti senti a disagio, quello che fai non funziona, è come se dentro di te i diversi Aspetti stessero facendo delle cose ma tu non lo sai! Anche qui, sottolineo che si tratta di normali situazioni, non vi è nulla di patologico. Troppo spesso la tanta psicologia che oggi viene insegnata anche a livello divulgativo spinge a patologizzare sé stessi e i clienti. Vi sono alcune domande che possono aiutarti a ritrovare il filo della tua consapevolezza.

 

1)“Chi” divento? Quale Aspetto dentro di me ha preso il potere?

2)Qual è la vulnerabilità che sta operando? Ricorda che possono essere cose anche banali: ad esempio hai mal di schiena perché sei seduto da troppo tempo; vorresti andare in bagno ma non vuoi dirlo; hai dimenticato il nome del cliente; è la prima seduta dopo pranzo e ti viene sonno; oppure il cliente dice una frase che, per contenuto o tono, ti ricorda tua madre o il tuo ex… Insomma non occorre che siano eventi enormi: non dimentichiamo che la vulnerabilità spesso è portata da aspetti bambini emotivamente molto sensibili.

3)Quali sono gli Aspetti soffocati o rinnegati che operano tra me e questa persona? Qualcosa che giudico? O qualcosa che sopravvaluto? Io mi sento di meno… di più…

 

Quanto più gli Aspetti primari del cliente sono affini agli Aspetti rinnegati del Counselor, tanto maggiore sarà la possibile destabilizzazione. Vediamo alcuni esempi di possibili clienti che possono destabilizzare…

 

Il clienteIl counselor

Impersonale(confini)Personale (poco abile a gestire i confini)

Poco sensibileEmpatico, sensibile

Poco interessato all’opinione altruiImpegnato a capire cosa pensa la gente

Strategico (machiavelli)Detesta la strategia, la ritiene manipolazione

“Io per primo” “Prima gli altri”

 

Se ti senti vulnerabile e non comprendi il meccanismo delle DV, potresti rifugiarti nel tuo Aspetto “Counselor” – ed è una protezione, che tuttavia potrebbe impedire di entrare in profondità nel lavoro. Se invece ti apri a guardare alla relazione da questo punto di vista, la relazione di aiuto diventa una strada a due vie! Mentre dai, ricevi; mentre insegni impari, mentre fai domande ti dai risposte che possono servire anche a te.

 

Il clienteIl Counselor / Coach

Bisognoso di creare simpatiaPiù impersonale

EstroversoIntroverso

DisorientatoFocalizzato

InsicuroSicuro di sé

 

E’ importante sottolineare che quando evitiamo di sentirci destabilizzati entrando nei nostri Aspetti primari di potere, impediamo la evoluzione del cliente rispetto a determinati temi.

Quali sono alcuni tipici aspetti rinnegati che ci destabilizzano come terapisti?

Il denaro. Per molti terapisti che vivono con grande idealismo la parte della relazione di aiuto il denaro è un argomento molto difficile, che attiva molta vulnerabilità. Nel T e CT fenomeno può avere una grossa parte. Risolvere il tema del denaro darebbe molta più libertà al sistema, i clienti potrebbero andare e tornare, ci sarebbe più “aria” in entrambe le direzioni.

Esempio: Per Donata era addirittura imbarazzante chiedere il denaro a un cliente uomo, che lei descrive come insensibile, orientato al business, razionale, attento ai soldi e anche manipolatore perché non le paga le fatture! Questo fatto va avanti per quasi 6 mesi. Donata è una donna spirituale, dolce, sensibile alle emozioni, e quindi protegge la vulnerabilità delle persone. Lui era dunque il Machiavelli rispetto alla madre nutrice di lei. Usando la relazione come via di insegnamento, Donata incontra il suo Machiavelli interiore, riesce a ridere di questo schema ripetitivo e alla seduta successiva con serena fermezza chiede i suoi soldi.

Il sé “Io per primo” (“me first”). Gli aspetti primari amorevoli, disponibili e attenti agli altri sono tipici nelle persone che si dedicano alla relazione di aiuto.

Esempio: Andrea è un terapista molto generoso del suo tempo e della sua attenzione. Questa cliente gli chiede un prezzo ridotto, è molto brava a mostrarsi come la “povera cliente”… Qualche tempo dopo, durante una conversazione casuale con un amico comune, Andrea scopre che questa ragazza è appena partita per una lunga vacanza in Sud America… La rabbia che prova è enorme: questa donna sa come “trattarsi bene”!

Ora, è possibile prendere alcuni clienti, realmente bisognosi, a un prezzo ridotto come scelta consapevole. Ci si può anche dare un certo numero di ore alla settimana per questo scopo. Quando invece non è scelto, si tratta di una dinamica negativa che non può non interferire sul processo di counseling.

Allora, qual è la differenza tra noi (Terapisti, Counselor, Coach…) e i nostri clienti?

Semplicemente che noi siamo più esperti in questo processo… altrimenti di certo non verrebbero da noi. Ma il processo è il medesimo.

 

Nella prossima puntata esamineremo una dinamica particolare: quella tra l’insegnante-guru e l’allievo-discepolo.

 

Bibliografia:

Franca Errani, Il Caleidoscopio interiore, Ed. MIR 2005.

Hal e Sidra Stone, Il Critico interiore. Mai più contro noi stessi! (Nuova edizione aggiornata da F. Errani e G. Civita), Macroedizioni 2009.

Hal e Sidra Stone. Tu & io: Incontro, scontro e crescita nelle relazioni interpersonali, Ed. Xenia 2009.

Hal e Sidra Stone, The Psychology of the Transference, Gateway to Growth, (CD) 2005.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pin It on Pinterest

Share This